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venerdì, 19 aprile 2024 ore 5:22
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COLLETTIVA ALL’OTTAGONO SANTA CATERINA

Cefalù, tutti i respiri
dell’arte e del tempo

Il tempo, tema filosofico per eccellenza, tema artistico imprescindibile. È la dimensione fondamentale del mondo e del finito, di ciò che è destinato a perire ma che, nell’esistenza umana, aspira all’infinito e all’eterno, in una prospettiva illimitata e atemporale.
Nella sua dimensione oggettiva è la misura dei fenomeni fisici, scanditi dal susseguirsi di secondi, minuti, ore, fino ai secoli e ai millenni e oltre; nel quotidiano, l’orologio ci dà il ritmo temporale, scandisce la nostra esistenza in unità della stessa grandezza. Ma il tempo è anche durata del tutto soggettiva e questa scardina il suo regolare fluire: così un’ora può volare via in un attimo o può non finire mai…
In questo senso, il tempo non si misura in secondi ma in “respiri”, e il respiro è la vita con tutta la sua irregolarità e si modifica, come il battito, nelle diverse circostanze emotive. Esso è, dunque, durata interiore e, per questo, è memoria e attesa: i momenti passati continuano a vivere come ricordo, i momenti futuri vengono anticipati come speranza o timore.
“Respiri di tempo” è il titolo di una collettiva di pittura e scultura ospitata all’Ottagono Santa Caterina di Cefalù, che ha come protagoniste le opere di Sebastiano Catania, Cosimo Cimino, Francesco D’Anna, Giovanni di Nicola e Giuseppe Forte.

SEBASTIANO CATANIA
E se di tempo bisogna parlare, con Sebastiano Catania si parte dalle origini, dal tempo del mito, un tempo che supera se stesso e diventa attuale, con i suoi valori e i suoi simboli, reso con la materia primigenia e ancestrale, la terra. Bisogna partire dalla scelta di Paride che, nonostante le magnifiche offerte delle dee Atena ed Era, preferisce il dono di Afrodite, la bellezza e l’amore della donna più bella del mondo, Elena, sposa di Menelao di Sparta, generando così la guerra di Troia.
“La scelta di Paride” rende pienamente il senso del trasporto amoroso che oscura qualsiasi altra possibilità, che annienta il desiderio di qualsiasi altro dono: dalla base emergono i due corpi, prima fusi, poi sempre più distinti, in uno slancio passionale che piega ad arco il corpo femminile, sorretto solo dalle braccia dell’uomo, da cui scocca la freccia del piacere.
“Il sogno di Calipso” si sviluppa in orizzontale e i corpi, sempre emergenti dalla materia, sono adagiati su una base, come un talamo d’amore, in cui la fusione delle immagini è netta e la gamba della dea marina sfuma nella spirale dell’ippocampo, figura affascinante per la sua duplicità, un po’ cavallo un po’ pesce, un po’ terra un po’ mare.
Totale è l’impeto amoroso di altri “Mitemi”, come quello che unisce “Ettore e Andromaca” ed “Enea e Didone”, scultura fortemente dinamica quest’ultima, in cui il movimento è reso plasticamente dalla gamba destra della regina di Cartagine, vista in due sequenze, nell’atto di avvolgere Enea, come in un passo di danza che si conclude nell’abbraccio infinito del corpo dell’uomo amato.
Il tempo come il respiro lungo del mito…

COSIMO CIMINO
Dal mito all’attualità, dal tempo degli dei e degli eroi al villaggio globale, con nuovi idoli e nuove religioni. Cosimo Cimino, intellettuale e artista con grande capacità di manipolazione dei materiali, ha scelto, in una certa fase del suo lungo ed originale percorso d’arte, svolto dal 1968 nell’ambito della Galleria “Il Gabbiano” della Spezia, l’uso delle lattine che, come ha detto Mara Borzone, “nei supermercati tacciono, mentre sui sentieri di alta montagna e sugli scogli urlano”. Si tratta di un’importante operazione ecologica di riciclaggio di ciò che l’incuria e la disattenzione dell’uomo abbandona nei luoghi più belli, offendendone la storia e la natura, e un’importante operazione d’arte che, come in questa mostra, realizza forme del tutto ‘normali’, come galli o mucche al pascolo, ‘colorandole’ attraverso un sapiente collage di lattine. Probabilmente è un modo, ironico ma nello stesso critico, per sottolineare le storture e le devianze della società dei consumi, sempre meno rispettosa del patrimonio artistico e paesaggistico, e sempre più interessata al valore del marchio, diventato segno di appartenenza al mondo come unico e immenso villaggio.
E allora, l’esperienza delle lattine va interpretata alla luce anche delle più recenti esperienze di Cosimo Cimino, in cui l’opera d’arte nasce dall’assemblaggio di diversi oggetti, raccolti e recuperati dall’artista, come bicchieri, occhiali scuri, soldi, interpretati come espressione di una società sempre più superficiale e volgare, in un’Italia che, utilizzando il titolo di un’opera del 2010, in legno, garza, acrilico su cartone, “Sta molto male”.
Il tempo come il respiro corto di una società malata…

FRANCESCO D’ANNA
Nelle tele di Francesco D’Anna, in cui i soggetti sono fortemente dilatati, il tempo si colloca su due diversi livelli di durata: da una parte la lunga sopravvivenza delle conchiglie e il lento formarsi dei minerali, dall’altro il rapido battere d’ali di una farfalla o l’improvviso volo di un’aquila.
Le conchiglie da sempre hanno assunto una connotazione simbolica che ne ha fatto le protagoniste della cultura religiosa e artistica, legate all’acqua e alla fecondità, al tempo della rinascita e della purificazione. Il “Nautilus” è come appoggiato su un quadrato blu, a sua volta appoggiato su un quadrato ocra i quali, in maniera essenziale, richiamano il mare e la sabbia.
La rappresentazione dei minerali genera un effetto molto particolare, con un realismo così attento da confluire nell’iperrealismo, basato sulla riproduzione fotografica, potentemente ingrandita, della realtà; un realismo che sfocia nell’astrattismo, anzi la realtà stessa supera l’astrattismo.
Altrettanto ingigantite le farfalle, con la meraviglia dei loro colori e delle loro forme, poggiate su fiori, riprodotti nelle loro parti più intime e segrete ed evocanti la già apprezzata mostra “Cromatismi floreali”, in occasione della quale il compianto Alfredo Mario La Grua suggerì all’artista di sviluppare il tema pittorico degli insetti più leggiadri ed eleganti della natura.
Infine le aquile, con la loro terribile maestosità, raffigurate ora nel dettaglio del capo, degli occhi e del becco, ora nella loro interezza: ritorna l’elemento paesaggistico, con la Calura sullo sfondo, trascurato da D’Anna negli ultimi anni a favore dei macro dettagli.
Il tempo come il respiro dei diversi ritmi della natura…

GIUSEPPE FORTE
Giuseppe Forte, attento alle emergenze socio-politiche, per un’arte che non si allontani dalla realtà, ma la interpreti e ne denunci le ingiustizie e le sofferenze, affronta il tempo attuale, un tempo che ripropone storie di migrazioni.
Diverse opere presentano gruppi umani in cui i singoli sono accalcati, volti alla ricerca di un futuro, ma con atteggiamento dimesso, sfiduciato, triste: l’autore li dipinge facendoli venir fuori dal bordo della stessa tela, proiettati verso l’osservatore, come affacciati ad una finestra di speranza: gli sguardi però seguono molteplici direzioni, segno della mancanza di una meta certa.
E poi c’è il chiaro riferimento ai naufragi, alla precaria salvezza dalla morte per andare incontro, sia nella condivisione familiare, che nella solitudine del singolo, a mille difficoltà, alla mortificazione del rifiuto, oggi come ieri, nell’alterna vicenda umana. Uomini soli con la loro valigia che ricorda quella dei nostri padri e dei nostri nonni, da cui emergono piccole memorie che non riescono ad addolcire il dramma della condizione di chi è costretto a fuggire dal proprio mondo.
E poi… una donna prigioniera, con il capo incappucciato e con segni sulle braccia che lasciano pensare a delle corde che l’hanno bloccata, si trova accanto a un clown, mentre più indietro ci sono due uomini, uno nudo e uno vestito, forse la verità e la menzogna, la sostanza e l’apparenza, il desiderio di ascesa e il pentimento. E qual è il legame con quella donna che porta sulle braccia i segni di una violenza? Personaggi vicini, fondamentalmente soli e legati da rapporti equivoci.
Il tempo come il respiro affannato di un’umanità in cammino…


GIOVANNI DI NICOLA
Giovanni Di Nicola ci riporta al tempo presente, ma soprattutto al futuro: ad un presente di Omologati al sistema e di uomini Sempre più distorti e distolti e ad un futuro del tutto incerto a causa delle aberranti scelte umane (Quale futuro. “L’importante è che c’è”).
L’uomo è aspirazione a superare se stesso e i suoi limiti, aspirazione che sempre di più si traduce in ambizione cieca, per cui l’umanità è ormai tesa solo verso il possesso, chiusa negli egoismi singoli e collettivi, concentrata nella corsa verso il potere, pronta alla sopraffazione e alla violenza e a disconoscere i diritti dell’altro. L’artista avverte forte questa vacanza / di umanità nell’uomo (S. Atanasio), che lo porta a credere di ‘essere’ solo perché ‘possiede’, avendo perso il senso profondo della sua presenza nel mondo e il significato della solidarietà e della condivisione esistenziale. L’umanità si è ridotta a semplice aggregazione di individui destinati alla deriva, verso un naufragio di dimensioni catastrofiche, in cui solo di rado si vede una lontana luce di speranza.
Le opere, realizzate con diversi metalli e diverse tecniche, sono accomunate dal contrasto tra la dimensione delle figure umane e gli elementi che le sovrastano: l’uomo risulta ridimensionato nelle sue possibilità e nella sua capacità di agire e di intervenire sulla realtà, è limitato fisicamente e psicologicamente, proiettato verso falsi idoli che lo distolgono dalla necessità di trovare un ordine spirituale. Ma da questa analisi spietata della realtà e dai timori per il futuro, emerge forte la necessità di un recupero dei valori etici ed estetici per poter dare una svolta al percorso dell’umanità.
Il tempo come il respiro rotto di un’umanità perduta…
Respiri di tempo: respiri ora lunghi ora brevi, respiri di un attimo o di millenni, perché diverso è il tempo della farfalla, dell’uomo, della storia, della scienza e diverso è il respiro dell’arte.
22.07.2017
Rosalba Gallà

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