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11.06.2012
Riccardo Gervasi
Riccardo Gervasi
La seconda sezione del Tar Sicilia ha fissato dunque per il 9 ottobre l’udienza per decidere in merito al ricorso presentato da Edoardo Croci per l’annullamento delle elezioni di Cefalù. L’ex candidato sindaco – l’economista bocconiano allievo di Mario Monti – sostiene la tesi che la campagna elettorale sia stata falsata dalla candidatura di Vittorio Sgarbi dichiarato incandidabile dalla magistratura. E in più sostiene di avere ricevuto diverse sollecitazioni da parte di non pochi cittadini “sconfortati per aver assistito ad una serie di manovre, tradimenti e compromessi con finalità assai lontane dall’interesse pubblico, di cui si è reso protagonista chi ha tratto vantaggio dalle irregolarità nello svolgimento delle elezioni".
Non sono, però, convincenti le parole del professore il quale aveva già dichiarato candidamente che non avrebbe presentato ricorso dal momento che i 1200 voti di scarto dal candidato eletto – Saro Lapunzina – erano significativi della volontà popolare. Croci, dunque, in un primo tempo aveva dato l’impressione di aver accettato la sconfitta, supportata tra l’altro dalla completa disfatta a livello nazionale del Pdl. Salvo pentirsene in un secondo momento. E guarda caso proprio quando a Cefalù s’è cominciato a discutere di “inciuci” a proposito di certe alleanze strategiche e trasversali trovate dalla coalizione vincente con pezzi di una destra ormai allo sbando.
Sembra, dunque, trovare conferma il teorema delle “scatole cinesi” già prospettato nel corso della campagna elettorale appena conclusa: la candidatura di Edoardo Croci sarebbe, cioè, servita ad altri che, in caso di vittoria dell’economista bocconiano, avrebbero potuto controllare dall’esterno la vita pubblica cittadina. E proprio questi, spiazzati dalla debacle del 6 e del 7 maggio, avrebbero adesso convinto il professore che parla milanese a firmare un ricorso alla giustizia amministrativa nel disperato tentativo di riuscire ad allungare le mani sulla città.
D’altra parte – nonostante i vari proclami di Croci, che nei suoi comizi cefaludesi non ha mai mancato occasione per sottolineare la sua non appartenenza ai partiti, essendo solo un amministratore – il bocconiano ha dato prova di essere un uomo del Pdl, legato mani e piedi alle logiche berlusconiane. Come quando in piazza Duomo ha prima annunciato che avrebbe lottato per un’Imu al minimo perché le tasse sono i “comunisti” a volerle e poi ha tentato di colpire l’immaginario collettivo con una serie di slide che mostravano una Cefalù senz’anima e simile a Gardland. Nel primo caso, infatti, l’allievo di Mario Monti ha omesso un particolare: l’Imu è stata prodotta proprio da Berlusconi, Monti ha solo anticipato i tempi di applicazione. Nel secondo caso, invece, Edoardo Croci ha svelato, forse ingenuamente, come dietro di lui si nascondesse l’esercito delle “cazzuole”. Un esercito pericoloso, lo stesso che vuol fare fuori Ivan Josef Duca, e forse lo stesso che ha spinto il professore che parla milanese ad apporre la firma sul ricorso per l’annullamento delle elezioni.
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