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05.03.2014
Vincenzo Liarda
Vincenzo Liarda
Nei giorni scorsi si è svolto un incontro alla Prefettura di Palermo in presenza dei sindaci delle Madonie per la costituzione del consorzio sviluppo e legalità per “Verbumcaudo”. Apprendo con emozione ed entusiasmo la notizia che finalmente, dopo quattro anni di annunci e rinvii, è stata fissata al 15 marzo prossimo la data per la costituzione del tanto atteso consorzio il quale potrà rappresentare una risposta concreta e reale per l’affermazione della legalità ma soprattutto una occasione di sviluppo occupazionale per i giovani del territorio delle Madonie.
Leggendo e studiando i dati relativi all’ingente numero di beni confiscati alle mafie, non può che venirmi in mente l’immenso arricchimento illecito realizzato con l’arroganza, le intimidazioni e gli abusi perpetrati dai mafiosi ai danni di tutti noi e al tanto sangue versato da vittime innocenti.
Quale migliore ed efficace risposta si potrebbe dare al malaffare se in quei beni tornati ad essere patrimonio di tutti, si creassero concrete e reali occasioni di sviluppo occupazionale nella legalità.
Ebbene, è giusto ricordare che tanto si è stato fatto in materia di sequestro e confisca dei patrimoni illeciti, ma ancora molti restano i vuoti normativi che si registrano. L’azione del legislatore volta a colmare qualche lacuna fatta precedentemente, viene spesso neutralizzata dalla mala e tanta burocrazia e dalle errate applicazioni concrete degli strumenti normativi creati.
In ordine di tempo negli ultimi giorni, autorevoli esponenti dello Stato hanno discusso su uno dei molteplici aspetti della normativa in tema di sequestro e confisca del patrimonio mafioso, riflettendo e rivedendo in particolare il ruolo degli amministratori giudiziari incaricati a gestire i beni confiscati alle mafie. Proprio su questa strategica figura la legge che ha istituito l’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alle mafie del 4 febbraio 2010 n. 4, con le successive modifiche, e in ultimo il nuovo codice delle leggi antimafia e misure di prevenzione del 2011, aveva istituito l’albo degli amministratori, uno strumento importante e trasparente che affidava la gestione dei beni confiscati a professionisti chiamati a formulare anche dei business plan per le diverse aziende confiscate, al fine di creare occasioni di sviluppo occupazionale nella legalità.
Purtroppo dopo anni dal varo della legge esiste sempre questa sorta di imprimatur professionale dei vecchi amministratori giudiziari come retaggio della vecchia regolamentazione.
Personalmente non solo mi trovo a condividere le proposte fatte dal direttore dell’Agenzia prefetto Giuseppe Caruso, ma invito gli organi preposti a dare celere e chiara risposta anche se oserei dire che basterebbe applicare in concreto la legge già in vigore.
Va opportunamente ricordato che quasi in tutta Italia, sono stati organizzati e realizzati corsi di alta formazione professionale destinati a dottori commercialisti, esperti contabili e avvocati a seguito dei quali i suddetti, potevano richiedere l’iscrizione nell’albo nazionale per poter amministrare e rilanciare i beni sottratti ai mafiosi.
L’altro aspetto di cui si occupa opportunamente anche la commissione Parlamentare antimafia è l’utilizzo dei patrimoni finanziari. Io aggiungerei anche dei patrimoni mobili, ingenti beni di valore ancora ad oggi non adeguatamente stimati e lasciati al loro destino. Mi riferisco a beni quali gioielli e orologi di assoluto valore, quadri d’autore, auto di lusso, rare collezioni eccetera. Che, purtroppo, in alcuni casi, poiché lasciati alla totale incuria, vanno incontro al degrado. La legge non prevede in merito a questi nessuna finalità o gestione e in alcuni casi diventano solo un costo per lo Stato.
A mio parere, quindi, anche questo aspetto dovrebbe essere opportunamente regolamentato, avendo come unica finalità anche in questo caso la creazione di occasioni di sviluppo. Si potrebbe ad esempio pensare alla vendita di questi beni creando, con i relativi ricavi, un fondo specifico per l’occupazione, oppure realizzando il “museo dei beni mafiosi”.
Una maggiore regolamentazione auspico al Fug (Fondo unico di giustizia) che non può continuare ad essere un calderone alimentato dalla liquidità proveniente dai patrimoni confiscati, ma se lasciato cosi rappresenta unicamente anche questo un costo per lo Stato. Sono dell’avviso che buona parte dei fondi confiscati, debbano essere destinati al recupero di quei beni confiscati che hanno criticità e non possono essere utilizzati, in modo tale da garantire anche per questi ultimi il loro riutilizzo per finalità sociali creando occasioni di sviluppo.
La mia unica speranza è che il legislatore, in sinergia con le altre forze statali e anche con la collaborazione della società civile, possa in tempi brevi realizzare gli interventi normativi richiesti. Sarebbe bello poter finalmente non sentire la famosa e orrenda frase che con la mafia si lavorava e con lo Stato no. Vorrei invece essere messo nelle condizioni di sostenere, con assoluta fermezza, che oggi lo Stato è in grado di creare opportunità concrete di lavoro e sviluppo in ognuno di quei luoghi nei quali un tempo le mafie gestivano i loro illeciti affari, e che ogni singolo bene sottratto al malaffare diventa una risorsa per la società civile che si riappropria di ciò che gli è stato indebitamente sottratto (in modo tale che non posa balenare l’idea che si stava meglio quando si stava peggio).
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