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20.07.2014
Rosario Lapunzina *
Rosario Lapunzina *
Siamo in questo luogo simbolo della presenza delle istituzioni e presidio di legalità per rendere il doveroso omaggio al giudice Paolo Borsellino. L’insegnamento che ci è stato dato da tutti coloro che hanno lottato per la difesa della giustizia, della civile convivenza e delle libere istituzioni democratiche è stato scritto con il loro sangue. Un insegnamento che la nostra generazione ha il dovere di incarnare nel proprio agire quotidiano e di tramandare ai propri figli affinché essi crescano avendo modelli positivi cui ispirarsi e diventino, essi stessi, custodi dei valori sui quali si fonda la nostra società civile e mezzo di trasmissione alle generazioni future.
Più volte abbiamo avuto l’occasione di riflettere sui temi della legalità ma credo che non sia mai abbastanza e, soprattutto, non è mai sufficiente. Spesso la realtà ci pone in evidenza il contrasto che c’è tra teoria e pratica, tra l’enunciazione di principi e le prassi consolidate, tra belle parole e una mentalità mafiosa dura a morire. È questo paradosso che quotidianamente diventa realtà attraverso fatti di cronaca.
Fatti del genere sarebbero inspiegabili se ci si limitasse a considerare la mafia come una semplice associazione criminale e gli atti di violenza, di prevaricazione e di sopruso compiuti dagli esponenti mafiosi, come semplici atti di delinquenza.
Giovanni Falcone nel libro “Cose di Cosa nostra” scriveva che la mafia prima ancora di essere una associazione a delinquere è una mentalità. Una mentalità che ribalta i valori, che considera “ uomo d’onore” il prepotente, che attribuisce il ruolo di leader a coloro che attraverso le attività criminali accumulano ricchezze delle quali, spesso, non potranno neanche godere, in quanto costretti a vivere da miserabili, rintanati in topaie per tentare di sfuggire alle forze dell’ordine.
Essere consapevoli di questo dato di fatto è importante per saper scegliere le armi con le quali combattere la mafia: il valore dell’esempio e la scuola innanzitutto.
Antonino Caponnetto sosteneva che la mafia teme di più la scuola dei giudici. Questa è una profonda verità che è confermata dagli atti vandalici perpetrati nei confronti degli istituti scolastici, degli oratori, dei luoghi in cui si educa. Per lo stesso motivo educatori e maestri di vita come il beato don Pino Puglisi sono stati assassinati. Non smetterò mai di pensare che la mentalità mafiosa va combattuta con l’educazione, con la cultura, con l’istruzione, con la scuola.
Negli anni di piombo si amava ripetere che il terrorismo poteva essere eliminato solo se si toglieva l’acqua dove nuotavano i pesci. Cioè se si tagliavano quei legami di complicità e di condivisone che, nell’opinione pubblica, giustificavano l’ideologia terroristica.
Credo che la mafia potrà essere definitivamente sconfitta se si taglierà ogni tipo di rapporto tra mafia e società. Se si smetterà di pensare che la bravura va a braccetto con la prepotenza e se si sostituirà la mentalità del favore con quella del merito.
Parlare di legalità e di lotta alla mafia serve a maturare le coscienze e far nascere una piena consapevolezza dei valori democratici che stanno alla base della civile convivenza. Però non è necessario soltanto parlarne ma è indispensabile agire di conseguenza. L’amministratore locale è in prima linea in quanto è il rappresentante delle istituzioni più prossime ai cittadini e il suo comportamento deve essere sempre all’insegna dell’onestà e del rispetto della legalità.
Credo molto nella forza dell’esempio per cui ritengo che l’educazione e l’esempio siano le due armi vincenti contro la mentalità mafiosa. Scuola e istituzioni devono collaborare perché solo così si potrà spogliare la mafia dell’aura di invincibilità che ancora l’avvolge. La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani avrà una fine a noi il compito di accelerarne la sconfitta.
Nell’epigrafe collocata davanti all’edificio che ospitava la sede del tribunale (e che presto ospiterà altri uffici pubblici, tra cui l’Agenzia delle Entrate) è riportata una frase di Paolo Borsellino che recita:
“Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.
L’esortazione che ne discende è a non avere paura e a mantenere sempre la schiena dritta. Come ci insegnano tutti coloro che non hanno ceduto davanti alle minacce e alla prevaricazione, è nella lotta per l’affermazione della legalità che risiede il senso più autentico della dignità umana. Quella dignità che costituisce la base autentica della libertà.
* sindaco di Cefalù
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