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15.02.2015
Un operatore sanitario
Un operatore sanitario
Egregio direttore,
sono un operatore sanitario di ruolo presso la Fondazione San Raffaele Giglio. Qualche tempo fa ho notato che sul sito del giornale era possibile inviare commenti sull'attuale gestione del nosocomio cefaludese.
Ho sempre svolto il mio lavoro con impegno e dedizione, come tutti i colleghi, operatori sanitari e non, che si svenano ogni giorno per continuare a offrire un servizi sanitario dignitoso e una speranza a chi soffre e si trova ad affrontare le difficoltà della vita.
Ma purtroppo qualcuno ha dimenticato la vera mission di questo nosocomio.
Qualcuno che oggi ci dirige ha dimenticato che la missione principale di ogni operatore sanitario è il paziente.
La centralità del paziente, oggi, non è più una prerogativa fondamentale. Purtroppo assistiamo ormai da qualche mese a una gestione aziendale approssimata e senza progettualità.
Forse non tutti sanno che – ormai da tempo – i reparti dell'ospedale cefaludese sono stati accorpati, il personale è stato accorpato con risultati a dir poco scadenti.
Presso i nostri reparti mancano i più comuni e banali presidi sanitari, ma non solo. Mancano pure diverse figure professionali e il personale in forza è costretto a svolgere turni massacranti con parecchie ore di straordinario lavorato e non retribuito, causando una turnazione non regolare e un maggiore ricorso alla malattia tra noi operatori.
Il personale sanitario è stremato, tutto questo tra l'indifferenza di una classe dirigente che pensa soltanto ad effettuare tagli al personale e all'assistenza sanitaria, e un sindacato (la Cisl) che invece si occupa di portare avanti soltanto alcune battaglie “ad personam” nel solo interesse dei propri rappresentanti sindacali.
Siamo costretti a centellinare persino i guanti monouso, che si sanno essere per l'appunto usa e getta e non possono essere utilizzati su più pazienti.
La Direzione generale, ultimamente – per ridurre gli sprechi (a suo dire) – pretende che si contino persino gli aghi utilizzati per gli accessi venosi, i pannoloni, le traverse, le medicazioni, l'acqua etc.
ma piuttosto che tagliare il personale, l'assistenza sanitaria, i presidi e tutto ciò che rappresenta essere di prima necessità, perché il direttore generale non taglia il suo lauto compenso che percepisce pur recandosi alla Fondazione giusto due volte a settimana?
Non è forse uno sperpero? Visto che si parla sempre di riduzione della spesa, non sono forse soldi con i quali si potrebbero pagare i fornitori per l'acquisto dei presidi? O assumere le figure professionali mancanti e di cui l'ospedale necessita, il tutto a garanzia della salute dei cittadini?
Non si capisce come mai molte figure professionali che si sono affermate presso questo nosocomio, e sui quali l'azienda ha investito per la loro formazione, dopo anni di servizio sono state mandate a casa senza alcuna spiegazione.
Tutto questo ha ripercussioni sull'assistenza sanitaria, sui pazienti, e sul diritto alla salute di ogni cittadino residente in questo comprensorio e non.
La situazione è davvero drammatica, il mio è un invito ad alzare la voce, a mantenere sempre alta la concentrazione, soprattutto adesso che si parla di Consiglio di amministrazione.
L'ospedale è nostro, di chi ci lavora, del territorio tutto, di chi continua a credere che l'eccellenza sanitaria è ancora raggiungibile, e non di una classe dirigente opportunista che pensa soltanto alle future poltrone politiche da occupare. Respingiamo con forza chi sta facendo del nostro ospedale una terra di conquista.

Con osservanza

*su richiesta dello scrivente, la nostra redazione pubblica questa lettera senza firma, per la tutela della privacy e per la difesa del lavoratore
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