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07.03.2015
Antonio Franco *
Antonio Franco *
Questo è l'intervento del presidente del consiglio comunale Antonio Franco a conclusione della seduta nella quale è stata deliberata la dichiarazione di dissesto

In questa sessione di consiglio comunale così difficile da affrontare sia per la complessità sia per l’oggetto del nostro incontrarci in quest’aula, delle nostre riflessioni, che porteranno ad una decisione che definire drammatica credo non sia eccessivo, volevo aggiungere il mio punto di vista. Un mio punto di vista che credo possano condividere qui dentro, senza nulla togliere a quello di tutti gli altri, soltanto due persone, che, come me, hanno avuto l’onore e l’onere di essere stati candidati a sindaco di questa città: uno vittoriosamente, cioè l’attuale nostro primo cittadino, Rosario Lapunzina, l’altro che, come me, ci ha messo la faccia e, pur non essendo stato eletto, credo abbia avuto un risultato più che gratificante.
Perché dico questo? Perché il punto di vista di uno che si candida a sindaco di una città a meno che non voglia mettere semplicemente la sua figurina insieme a quella degli altri e dire “io c’ero”, è quello di chi responsabilmente affronta un percorso di studio, di approfondimento, di conoscenza di quella che è la situazione dell’ente che vorrebbe governare allo stato della sua candidatura: la mia, delle tre, è la candidatura più “antica”, dobbiamo dirlo, e qui dentro questa sera ci sono delle persone che hanno condiviso quel percorso, anche loro mettendoci la faccia in quella candidatura lontana, del 1997 (e per questo sono loro grato a vita).
Nel 1999, che i revisori dei conti hanno scelto come inizio della loro indagine e che è parente di quel 1997, la situazione dell’ente, è stato detto dal dottor Sciacchitano rispondendo alla mia precisa domanda, in coda alla lunga seduta di consulto dei revisori e del responsabile del servizio, se fosse già negativa o tutto sommato accettabile o addirittura buona, era “accettabile se non addirittura buona”. Dirò subito che io non sono del tutto d’accordo con quello che ha detto il dottor Sciacchitano attingendo certamente a dei dati di fatto, perché essi sono partiti dal 1999 e io non credo che la loro relazione sia “carta straccia”, infatti è stata chiesta ai sensi dell’art. 246 del TUEL e i commissari che si insedieranno qui si baseranno non tanto sulle nostre discussioni della serata, ma soprattutto sulla relazione dell’organo di revisione contabile, che è quello che si assume le responsabilità, secondo legge, sicuramente non di certificare dal punto di vista politico ma da un punto di vista tecnico, quelle che sono, così recita l’art. 246 del TUEL, le cause del dissesto, con i dati nudi e crudi. Io ritengo, invece, che nel 1997 vi fosse una condizione “accettabile” ma non “addirittura buona” di questo ente: questo per alcune situazioni, che poi andranno a “fare massa” con quello che succede dopo.
È triste, e fa anche molta rabbia, che nel corso di tanti anni di attività politica in questa città si siano fatti interventi pubblici, quando se n’è avuta la possibilità, perché si è stati eletti, lo si è detto chiaramente in consiglio comunale, si è partecipato a dibattiti politici anche molto accesi, ci si è assunti la responsabilità di denunce pubbliche e sugli organi di stampa, che questa città era diventata un “Luna Park”, nel quale si poteva godere delle spese e del lusso che l’amministrazione di quegli anni si poteva permettere, in tempi di “vacche grasse” rispetto ai tagli e alla riduzioni di trasferimenti che sono avvenuti negli anni successivi.
Tante volte, in tante “puntate” queste cose sono state dette ma assolutamente senza essere ascoltati: questo era diventato una sorta di paese di Bengodi, di luogo in cui si poteva abilmente impegnare spesa corrente in tanti e tanti rivoli, senza che ci fosse poi un ritorno stabile e concreto nel corso degli anni, com’è stato successivamente dimostrato, in termini di benessere per questa città. Si puntava invece a un benessere, potremmo dire, “a tempo”, un “vuoto a perdere” che questa città ha vissuto anche nell’inconsapevole connivenza dei cittadini, uso volutamente un ossimoro che voglio spiegare: “inconsapevole” perché probabilmente non hanno partecipato in maniera fattiva, particolarmente documentata, come questa città sfortunatamente non è abituata a fare (la stragrande maggioranza dei cittadini sconosce completamente la partecipazione diretta alla vita politica, non vi stata abituata – lo riconosco – da generazioni e generazioni di politici che se ne sono infischiati di coinvolgere i cittadini nei processi di partecipazione); “connivenza” perché c’era anche una parte della città che in queste spese, in questa disamministrazione traeva anche dei vantaggi, micro vantaggi di vita quotidiana e macro vantaggi in progetti imprenditoriali e di speculazione che in questa città sono andati avanti per anni con l’appoggio, con la gestione da parte di chi la cosa pubblica ha governato.
Rabbia, quindi, tanta rabbia nel vedere, e avrei voluto essere smentito, invece confermato punto per punto dai dati, dai nudi e crudi numeri, quello che era successo dal 1999 in poi: questo a causa di un fatto che è stato detto da chi, per l’età, meno ha avuto un ruolo nella politica di questa città, il consigliere Larosa, una cosa che io voglio sottolineare perché è stato il primo ad usare la parola “funzionari” stasera in quest’aula consiliare. In questa città, fin dal 199, o dal 1999 dei revisori dei conti, di grave vi è stato un intreccio perverso fra certa politica e un modo di gestire la macchina comunale, e in particolar modo il settore economico-finanziario, com’è stato detto anche dai revisori nella loro relazione, “gestione autonoma da parte del responsabile del servizio finanziario”, dove la parola “autonoma” è un eufemismo per definirla invece “personale”, o forse sarebbe meglio definirla “creativa”: i responsabili che si sono succeduti alla guida del servizio finanziario hanno costituito la base sulla quale si è innestata la politica che si è servita di quella “finanza creativa” per le proprie finalità di carattere chiamiamole eufemisticamente “gestionale”, ma potremmo chiamarla anche “clientelare” o comunque di piccolo cabotaggio, che veniva spacciato per grande cabotaggio. Il piccolo anzi piccolissimo cabotaggio di quell’amministrazione, grazie a delle consulenze che non hanno lasciato tutta questa importante variazione di qualità nella gestione amministrativa di Cefalù, ma che sono servite semplicemente ad alimentare il “culto della personalità” di chi governava questa città, è stato spacciato per una navigazione di alto stile, da voli pindarici. Un piccolissimo cabotaggio, un vuoto a perdere, i cui presunti benefici sarebbero finiti nel momento stesso della fine di quella esperienza amministrativa.
La storia recente della nostra città è, quindi, la storia di quell’intreccio perverso: la gestione sbagliata, erronea e, com’è stato detto, bene e con coraggio, dai revisori dei conti ma anche dal dottor Centonze, di “falsi in bilancio” con, già alla fine degli anni ’90, un problema di riscossione dei tributi che aveva reso difficile, è importante ciò che ha detto il consigliere Terrasi, anche il tentativo forte del ‘94/’95 di recupero del ritardo nella riscossione; esso era naufragato alla disorganizzazione della “gestione autonoma, personalistica” dell’ufficio finanziario e dell’ufficio tributi, di cui qualcuno dovrebbe spiegare, se c’era questo ritardo, questo deficit, questo gap, come mai, nell’arco di pochi anni, quello che era il responsabile dell’ufficio tributi diventa, per promozione da parte del sindaco Vicari, il responsabile dell’ufficio finanziario. E poi il responsabile successivo dell’ufficio finanziario, me lo ricordo qui, una sera del 2009 quando è successo quello che ha raccontato il dottor Sciacchitano, cioè come, ad una relazione da parte dell’organo di revisione contabile in cui si metteva in luce che l’ente era già nelle condizioni di cui all’art. 244 del TUEL, cioè in dissesto finanziario, alle ripetute osservazioni mie, che sedevo là dov’è seduto ora il consigliere Cortina, e gli ho chiesto più di una volta se allora già sussistessero le condizioni del dissesto, la risposta fu che assolutamente non sussistevano tali condizioni, che i revisori si erano sbagliati: il sindaco di allora, dottor Guercio, non dichiarò il dissesto finanziario, e dal 2009 ad oggi quanto quella situazione è peggiorata!
Quello che è successo, e che è stato ben fotografato dai revisori contabili, dal ’99 ad oggi non riguarda soltanto un fatto di carattere politico, ma vi è stato anche qualcosa di carattere tecnico che è mancato alla nostra città: ma degli organi tecnici e di quelli politici ci sono responsabilità che, senza fare io quello che processa, dovranno essere accertate; e anche di tutti quelli che dovevano controllare, anche i revisori dei conti del tempo, che evidentemente mancavano al loro compito, perché si trattava di fatti lampanti, di cose chiare che, come sono state messe in evidenza oggi, lo potevano essere anche ieri, dieci anni fa e anche prima.
Noi questa sera ci troviamo davanti non a un bivio ma ad un obbligo: la corte dei conti ha detto chiaramente che sussistono le condizioni del dissesto finanziario e chiama il consiglio comunale ad assumersi le responsabilità, questo consiglio comunale, consigliere Lombardo, per il quale io veramente mi meraviglio che lei possa dire che ha svolto un’attività inutile, superflua; io ho visto un altro film e continuerò a difendere quelli che io affettuosamente chiamo i “miei” consiglieri comunali – l’ho scritto anche sugli organi di stampa – perché posso testimoniare come il dibattito democratico che si è sviluppato in questi tre anni possa essere etichettato d’esempio rispetto a quello che non avviene in una città in cui non c’è dibattito democratico. Il dibattito democratico che c’è a Cefalù è qui dentro, in cui ognuno si alza, espone le proprie idee, contrappone anche le proprie idee a quelle degli altri; ma noi abbiamo svolto fino in fondo il nostro compito: abbiamo messo mano ad atti che penso nessun consiglio comunale mai, nella storia di questa città, è stato chiamato a fare, con delle responsabilità, perché chissà quante volte, anche lei consigliere Lombardo, consigliere Pizzillo, consigliere Cassata, io, quante volte ci siamo guardati allo specchio e abbiamo detto “ma chi me l’ho fa fare” di andare a mettere le mani in responsabilità che sono precedenti e per le quali, un giorno, posso anche essere cercato io; perché tutti quanti credo che siamo stati chiamati ad impegni gravosi e carichi di responsabilità, però abbiamo messo l’ente – e mi ha fatto piacere che qualcuno lo abbia ricordato – nelle condizioni di poter affrontare il dissesto con una chiarezza enormemente maggiore rispetto al punto di partenza nel quale ci siamo trovati tutti quanti. Io continuerò a difendere sempre questo consiglio comunale, che ho l’onore di presiedere e se lo faccio con dei limiti chiedo scusa a tutti quanti, ma certamente sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto tutti insieme, anche quando si sono create qui dentro le condizioni peggiori di dialettica, ma sempre democratica.
Quindi, non buttiamo la nostra esperienza; se poi qualcuno sente sulle proprie spalle un peso insostenibile o si sente incapace di poter affrontare serenamente quello che si trova davanti, si prenda le sue responsabilità e si dimetta, ma chiedere le dimissioni degli altri, chiedere che ce ne andiamo tutti a casa per gettare questa città nella confusione, proprio in un momento in cui viene dichiarato il dissesto finanziario del Comune di Cefalù, io credo che sia il più grande atto di irresponsabilità non solo politica ma umano che ci possa essere. Anche soltanto chiederlo, perché significa consegnare la città al caos di una campagna elettorale, anche di un annuncio di campagna elettorale, mentre c’è l’avvio di un percorso difficile, in cui invece siamo chiamati ad assumerci le nostre responsabilità. Ribadisco quello che ho detto: la prospettiva, il punto di vista del sottoscritto e di qualche altro porta a dire che ci sono stati degli step, dei passaggi in questa città in cui sarebbero bastati il senso di responsabilità, l’accortezza, l’amore per Cefalù di cui tutti si sono riempiti la bocca, ma poi questo “amore” s’è visto: è stato un amore “vampiresco”, che ha portato a succhiare il sangue di questa città per anni, lasciandola privata delle proprie risorse; c’è stato poi un amore superficiale per questa città, che doveva essere messa “al di sopra di tutto”, ma l’inconsistenza e l’inerzia hanno condotto a spostare sempre in avanti questo amore, fino al massacro di questa città, contribuendo così al disinteresse dei cittadini che abbiamo visto allontanarsi sempre di più nel rapporto con quello che chiamano, certe volte giustamente spregiativa, il “palazzo”.
E c’è stato l’amore di questo momento amministrativo, quello che abbiamo vissuto tutti quanti insieme, in cui abbiamo provato, abbiamo tentato, dal momento che c’era un barlume di speranza, una luce che ci veniva data e delle possibilità ci venivano offerte. Vorrei che non rimanessimo, molti di quelli che siamo qui dentro, delusi dall’azione che dovranno fare questi commissari: non credo ci sia qualche consigliere comunale che possa pensare che i commissari che si insedieranno siano dei “valutatori” della giunta Lapunzina o del consiglio comunale 2012-2017; non devono venire a fare valutazioni perché non siamo in un concorso per valutare noi o il nostro operato. I commissari hanno compiti ben precisi: riuscire a risanare l’ente (ed è anche l’augurio che noi facciamo), individuare le responsabilità di quello che è successo. Quest’ultimo è anche un augurio particolare, perché, ogni volta che mi sono candidato in questa città, l’ho messo sempre nel mio programma personale, ma o è stato frustrato dalla sconfitta o dall’impossibilità materiale, da consigliere, di arrivare ad individuare le responsabilità. Quindi, se c’è qualcuno di più autorevole, che ha i mezzi, anche gli strumenti giuridici, di poterlo fare al meglio, bene, io gli auguro di poter individuare le responsabilità concrete di quello che è avvenuto a Cefalù; e sarò lì, da presidente del consiglio comunale, a chiedere in continuazione l’accertamento delle responsabilità. E poi c’è una terza prospettiva di risanamento: quella di cercare di difendere quelli che pagheranno di più lo scotto del dissesto finanziario, che sono i nostri concittadini, sia i creditori, ma non pensiamo sempre e solo a quelli che devono avere, ma anche a quelli che dovranno “dare”, che saranno chiamati all’esborso; allora lì saremo davvero loro rappresentanti se riusciremo ad interagire con coloro che verranno a risanare quest’ente, per cercare di non far pesare, quanto più è possibile, soprattutto su quelli che già ora soffrono maggiormente, il peso di questo dissesto.
Questa sera mi è sembrato che qualcuno di noi, qui dentro, si sia assunto il compito di provare il motto latino “ad impossibilia nemo tenetur”, nessuno è tenuto a cose impossibili: qualcuno, invece, ci ha provato, perché era nelle sue responsabilità dover fare la difesa dell’impossibile, dell’indifendibile, ma ci sono stati anche altri che hanno tentato l’impossibile, cioè far ricadere le colpe di un dissesto maturato per gravissimi atti e responsabilità nell’arco di 15 anni o su quelli della preistoria (e chi è stato lì, nel 1999, a studiarsi le carte sa bene che il debito di questa città era infinitamente più piccolo, inconsistente quasi, rispetto a quello che ci troviamo di fronte noi oggi; c’era una massa debitoria ma sarebbe stata facilmente fronteggiabile con un’esecutività maggiore nella riscossione, che è rimasta sempre bassissima nel corso degli anni, perché non sono stati toccati quelli che dovevano pagare. E così si è andati avanti sempre taroccando i bilanci per coprire anche queste inadempienze; e che cos’altro è successo? Che è stato depauperato, nessuno lo può dimenticare, il patrimonio immobiliare di questa città: se noi oggi non riusciamo a vendere quello che abbiamo, per far fronte ai debiti che sono stati fatti, è anche per colpa di chi ha lasciato questo patrimonio immobiliare, nell’arco di questi 15 anni, completamente in rovina.
Vorrei chiedere a quelle amministrazioni che cosa hanno saputo inventare sul consiglio di quartiere di S. Ambrogio, come hanno potuto permettere che le case comunali, destinate a ben altri fini, venissero sistematicamente occupate, né fosse possibile mettere a reddito altro patrimonio importante; o cos’è stato fatto del mercato Ittico, cos’è stato fatto di altri immobili. Ecco, quando si accerteranno le responsabilità, si dovranno accertare anche queste, per capire come coloro che hanno le responsabilità del dissesto finanziario hanno, purtroppo, anche le responsabilità di non averci messo oggi nelle condizioni di poter sopperire al dissesto finanziario, di poterlo evitare, perché hanno depauperato il patrimonio, perché ci hanno coperti di debiti fuori bilancio, perché la loro attività è stata volta alla predazione delle risorse per mandarle nella spesa corrente. Per esempio, io sono stato uno di quelli, e me ne vanto, che ha voluto fortemente il passaggio del servizio elettrico all’Enel, e me ne vanto perché per me era una battaglia di civiltà, anche per evitare che da dentro questo Comune si potesse permettere una miriade di allacciamenti abusivi di energia elettrica in tutto il territorio comunale. E invece, nel corso degli anni, in quel caso impotente perché non ero neanche in consiglio comunale, ho dovuto assistere al “prestito d’onore” (così fu definito quella sera) di una buona parte di quei 4 milioni per coprire la spesa corrente e, poi, al finire anche l’altra parte a coprire il buco di bilancio. E per concludere sarò anche enfatico perché dovrò dire, rivolgendomi ai nostri concittadini e riferendomi, d’altra parte, a coloro che sanno bene, in coscienza, di essere i responsabili del dissesto finanziario di questa città, alla luce di quello che decideremo in questa notte, che Dio perdoni coloro che hanno ridotto Cefalù così perché i cefaludesi non li potranno mai perdonare!
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