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10.05.2015
Rosario Lapunzina *
Rosario Lapunzina *
Quando si è chiamati a svolgere il ruolo di primo servitore della propria città occorre prendere coscienza del fatto che questa funzione comporta anche il dovere di onorare degnamente la memoria di coloro che con il servizio, con il lavoro, con l’onesta con la forza d’animo e con la fiducia nel futuro e nel prossimo hanno contributo al progresso materiale e morale della nostra città e dei suoi cittadini.
E' per questo che, oggi, abbiamo il dovere di tributare l’omaggio del popolo cefaludese alla venerata memoria dell’amato sindaco, dell’insigne medico, del grande uomo che fu il dottor Giuseppe Giardina.
Non è mio compito tratteggiare la grande figura umana di colui che cinquant’anni orsono ha lasciato l’umana esistenza e il cui sguardo dal quale traspare un animo buono e una viva intelligenza incrocia ancora attraverso la grande effigie che lo rappresenta in quest’aula coloro si radunano per attendere all’attività legata all’amministrazione della cosa pubblica o per dibattere su importanti questioni, Altri, qui presenti, sono ben più titolati di me per farlo, in quanto hanno trascorso parte della loro vita al suo fianco e hanno condiviso con lui la passione per l’impegno politico e il servizio nei confronti della comunità cefaludese.
Intendo, dunque, rivolgere il mio grazie, a nome di tutti i cittadini di Cefalù, di quelli che lo conobbero personalmente o attraverso le opere che egli volle realizzare (il Lungomare tra tutte) per questa città. Sento di dover rivolgere un sincero ringraziamento anche a nome di coloro che del dottore Giardina conoscono appena il nome, perché egli, con il suo esempio di vita, con il suo spirito di servizio verso i poveri e gli indifesi, con i valori cristiani che sono stati sempre alla base del suo agire, costituisce patrimonio della storia cefaludese e degli autentici principi che costituiscono l’essenza identitaria della nostra gente.
La figura del sindaco Giardina ha rappresentato una intera epoca. La sua parabola umana e politica si identifica con quella di un periodo storico nel quale la nostra Cefalù, uscita dalla catastrofe del secondo conflitto mondiale, ha vissuto una crescita senza eguali che l’ha visto mutarsi da un piccolo paese di provincia, dalla grande storia ma da una economia legata alla pesca e all’agricoltura, ad una rinomata meta turistica di livello internazionale.
Se questo salto in avanti si compì fu possibile anche in virtù dell’opera instancabile di Giuseppe Giardina, il quale fu sempre guidato dall’ideale della rinascita di Cefalù, un ideale che conteneva in sé una grande anima ricca dei valori di fratellanza e di solidarietà verso gli ultimi. La più grande soddisfazione che vi è nell’amministrare, sosteneva, consiste nel sacrificio volontario per il bene degli altri, nel profondere tutte le proprie energie per il servizio della nostra città, affinché l’anelito di ognuno trovi compimento in un futuro di sviluppo legato alla sua grande storia che deve essere sempre presente nei nostri cuori attraverso la tradizione e i valori che ne costituiscono l’essenza.
Valori di cui egli seppe essere depositario e per servire i quali tramutò la vita in esempio, il potere in servizio, la professione medica in missione.
Una visione alta e nobile del mondo e del prossimo che lo pose avanti rispetto alla sua epoca ma, per certi versi anche rispetto alla nostra, come quando sosteneva, ad esempio, che fare diventare la città pulita ed accogliente non è solo compito di chi la amministra ma di ogni mamma, perché, sono parole sue, esse hanno il dovere di insegnare ai figliuoli a non gettare per strada neanche un pezzettino di carta.
Giuseppe Giardina, con il suo operato e con l’esempio offertoci dalla sua umana esistenza, ci ha insegnato che fare politica vuol dire perseguire una precisa etica che sta alla base di ogni scelta, e che svolgere al meglio il ruolo di servitori della comunità vuol dire saper ascoltare e interpretare i bisogni della gente, portando avanti, a testa alta, le proprie scelte e a non chinare la testa davanti al sopruso, alle difficoltà, alle amarezze, alle delusioni.
Io a nome della città, a cinquant’anni dalla sua scomparsa sento vivo il dovere di chinare il capo per onorare la sua venerata memoria e di dedicare a lui i passi finora compiuti per il riconoscimento della nostra Basilica Cattedrale come patrimonio della Umanità, poiché egli l’aveva additata a simbolo stesso della sua esistenza, proferendo queste parole: "La Cattedrale è il nostro vanto, la magnifica Casa di Dio dove, nell’innocenza dei nostri primi anni, tenuti per mano dalla Mamma, siamo entrati, compresi di riverente rispetto. Nella grandiosità delle sue navate, siamo andati crescendo in questo fiducioso rispetto: rispetto e fiducia nella Giustizia divina sono diventati la nostra essenza di vita, hanno plasmato la nostra coscienza, ci hanno sorretto nei duri cimenti e nelle amare delusioni. Questa fiducia nella Provvidenza che tutto vede non ci ha mai abbandonati e non ci abbandona ancora oggi”.
Una fiducia nella provvidenza che noi, figli di questa terra di Cefalù abbiamo il dovere di alimentare e, nel nome del nostro illustre concittadino, di alimentare quotidianamente con la nostra opera, il nostro lavoro, il nostro sacrificio.
* Sindaco di Cefalù
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