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L'USCITA DI SCENA DELLA PARTE PRIVATA

Muore il distretto mai nato dei veleni e delle falsificazioni

La politica uccide un'opportunità
Veleni e firme false per un Distretto turistico mai partito. E un ospite che l’ha fatta da padrone – la Sosvima – nonostante la sua presenza fosse prevista solo come consulenza tecnica secondo quanto scritto nello statuto costituente votato dai consiglieri dei trenta Comuni che fanno parte dell’ente. Oggi l’epilogo, dopo quattro anni di ostruzionismo al presidente Angelo Micciché e la mancata ufficializzazione della sua carica presidenziale votata nel 2010 dall’assemblea dei soci ma mai depositata in assessorato dalla stessa società di sviluppo madonita, incaricata dai Comuni di seguire l’iter per il riconoscimento del distretto. Due le indicazione su cui si sarebbe dovuto sviluppare, secondo i privati, il nuovo ente: il primo, i confini territoriali lungo il tratto di costa Caronia-Termini Imerese-Madonie e la nascita di un marchio di riconoscimento come “Costa di Cefalù” in quanto ambito turistico già riconosciuto dai mercati. Oggi si sa che anche Sant’Agata di Militello sarebbe stata interessata a entrare in questa compagine. Secondo punto richiesto era l’affidamento ai privati della dirigenza del distretto. Queste due indicazioni, nel 2010, diventano condizioni basilari per l’ingresso delle imprese locali. A questo si aggiunge la richiesta di uno statuto snello ed efficiente, per competere su un mercato altamente concorrenziale. Condizioni che, in un primo tempo, sembrano accettate dalla parte pubblica, composta dai trenta Comuni, dall’ente Parco delle Madonie, dal Gal e dalla Sosvima. Di fatto però la maggioranza privata che si costituisce è minata da accordi nascosti che volevano – e tuttora vogliono – trasformare il Distretto turistico nell’ultimo dei salvadanai clientelari per la gestione di risorse pubbliche e consensi. Il tutto tentando di coinvolgere maldestramente e rendere corresponsabili i privati e i loro capitali. Già un primo tentativo di rompere lo scomodo fronte dei privati era avvenuto nel 2012, con la nomina – sostenuta dai sindaci – dell’imprenditore geracese Antonio Mangia al consiglio di amministrazione del distretto. Peccato che Mangia non accettò mai, sebbene una falsificazione della sua firma fosse stata apposta all’atto di accettazione della carica depositata alla Camera di commercio sempre dalla protagonista di tutta questa vicenda: la Sosvima. Pronta la risposta di Alessandro Ficile, presidente della Società di sviluppo madonita, che in una corrispondenza scritta dichiara che proprio Mangia gli avrebbe dato l’autorizzazione ad apporre la firma al suo posto. Così si legge nella lettera di Ficile: “Carissimo (Mangia, ndr), come certamente ricorderai (…) ti ho convinto ad accettare la carica di componente il Cda (…) quindi per ragioni di tempo mi hai delegato a sottoscrivere in tuo nome”. Però, proprio Mangia, nel luglio del 2012, scrive una risposta a Ficile, dove si legge: “Caro Alessandro (…), ti comunico di non essere disponibile ad accettare la carica di consigliere di amministrazione del distretto”. Questa notizia sarebbe stata segnalata dallo stesso Antonio Mangia alla fine del 2012 al presidente Micciché con una diffida ufficiale al distretto per ogni utilizzo del proprio nome. Nel frattempo però il cda aveva lavorato in assenza di un consigliere di parte privata e il fronte degli imprenditori si era indebolito. Questa vicenda, sommata alla mancanza di autonomia decisionale di alcuni consiglieri, influenzati anche da notizie diffuse dalla Sosvima nel confronti del presidente – come quella della responsabilità per una sanzione ai danni dei consiglieri comminata dalla Camera di commercio e attribuita a Micciché, ma in realtà di Sosvima -, ha provocato una delegittimazione della carica presidenziale e una totale rottura del fronte privato. Così l’ultimo anno, il 2013, ha visto una spaccatura all’interno del cda con una schiacciante maggioranza di cinque consiglieri allineati alle posizioni di Sosvima e della parte pubblica e solo due a sostenere i privati. Adesso si torna in assemblea, con i risultati di questa rottura che si fanno concreti in una bagarre che sembra portare all’uscita di scena della maggior parte dei privati che avevano acquistato quote di partecipazione al distretto, di cui oggi chiedono la restituzione. Ma dei privati che restano in campo, uno in particolare ambisce alla poltrona di presidente, rappresentando una figura di mezzo tra imprenditori e politici, ovvero l’operatore turistico e consigliere comunale di Cefalù Mauro Lombardo. La figura di Lombardo ha già ottenuto il sostegno del sindaco Rosario Lapunzina, debitore nei confronti dell’imprenditore di un notevole aiuto alla sua traballante maggioranza in consiglio comunale a Cefalù. Mauro Lombardo però sembra non avere i requisiti per occupare un posto riservato ai privati, proprio in quanto ricopre anche una carica pubblica.
25.02.2014