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LACRIME IN SALA ALL'INCONTRO DI CEFALÙ

Commuovono i racconti di Bartolo sui migranti

Ha commosso, gelato la sala del cinema Di Francesca, Pietro Bartolo a Cefalù, candidato alle elezioni europee con il Pd per il collegio di centro e quello delle isole. Non usa giri di parole, il medico che a Lampedusa si occupa da 28 anni delle prime visite a tutti i migranti che sbarcano sull'isola. In questi anni ha visto arrivare oltre 350 mila persone. È rimasto in prima fila nonostante l'ischemia cerebrale che lo aveva colpito qualche settimana prima del tremendo 3 ottobre 2013, quando un peschereccio naufragò al largo dell'Isola dei conigli causando 368 morti. Ha visto bambini senza vita vestiti a festa, perché pronti ad arrivare nella promessa Europa. Ha pianto, ha vomitato, ha avuto paura. Decine di volte avrebbe voluto lasciare, passare la mano. "Sono un uomo anche io", ci dice. La sala è immobile ad ascoltarlo. L'effetto è quello che si prova di fronte ai grandi uomini, quando qualsiasi tua parola suonerebbe stupida, superflua. "Su quei barconi partono famiglie come le nostre, nascono bambini bianchissimi da madri nere come la pece, e sono uguali ai nostri. Per partorire a bordo di piccole imbarcazioni lo spazio è poco, a volte non basta alla madre neanche ad aprire bene le ginocchia. Per legare il cordone ombelicale mi sono ritrovato a usare anche i lacci delle mie scarpe, ma questo è l'ultimo dei problemi - dice - se si pensa che a volte mamma e figlio arrivano già morti, ancora uniti da quel cordone. Eppure accadono anche cose belle, come quando abbiamo salvato una ragazza in ipotermia profonda, già in arresto cardiocircolatorio. Era morta da un'ora, all'apparenza. Non avevamo niente per aiutarla. Quando mi sono accorto che aveva ancora un flebile battito ho cominciato a massaggiarla a lungo. L'abbiamo portata nel piccolo ambulatorio di Lampedusa. Non avevo mai praticato iniezioni intracardiche di adrenalina, le avevo solo studiate sui libri. Ho provato, sono riuscito a stabilizzarla e l'abbiamo trasferita a Palermo. Era, di fatto, risorta. Aveva edema polmonare e molto altro, ci sono voluti quaranta giorni perché si riprendesse. Oggi Kebrat, così si chiama, vive in Svezia. Quando è venuta a trovarmi era incinta". Al tavolo col dottor Bartolo siedono anche il segretario del Pd cefaludese Daniele Tumminello, il giornalista Franco Nicastro che modera l'incontro e il candidato nella stessa lista Attilio Licciardi, anche loro fermi ad ascoltare. Non c'è bisogno di incalzarlo con le domande, Pietro Bartolo è un fiume in piena, racconta fatti realmente vissuti e ci dice chiaramente che "noi non ne sappiamo niente". Come niente ne sa chi parla di numeri, di dati, di flussi migratori e di problemi invece che di fenomeni. Nessuno sa cosa succede a Lampedusa, se non chi sta a Lampedusa, unica vera porta d'Europa. Un'Europa che troppo spesso inizia e finisce su questo sputo di isola, come la chiama lui. E parla ancora. Punta il dito contro i molti Soloni che giornalmente ci indottrinano dalle poltrone dei talk show, e pontificano su argomenti di cui non conoscono nulla. Racconta molte storie. Una su tutte, quella della donna violentata tanto a lungo da rimanere paralizzata dal bacino in giù, e della bambina che si occupava di lei anche se aveva solo quattro anni. Qualcuno, a quella bambina, aveva inserito un rotolo di soldi nella vagina per prepararla al viaggio. Ormai resa adulta dai fatti, era una bimba feroce anche contro i medici, e non lasciava che nessuno toccasse la donna che aveva visto violare profondamente e tanto con ferocia. Quella piccola non sapeva più giocare, rifiutava le bambole. Non basterebbero fiumi di parole per riportare tutte le emozioni dell'ora che Pietro Bartolo ha dedicato a Cefalù. Alla fine del suo lungo parlare ha chiesto solo una cosa, "Non dirò, come nel film di Totò, un Vota Antonio. Io non sono qui per chiedere di votare me. Sono qui per chiedere di non votare chi ha fatto della disumanità il linguaggio della propria campagna elettorale, e ha riportato questo Paese a un profondo grado di violenza. L'Italia non è così". Qualcuno gli chiede, affettuosamente e senza provocazione, quale schizofrenia ci sia nella sua candidatura col Pd, il partito di Minniti. Il dottor Bartolo risponde con semplicità che le cose si costruiscono da dentro, si cambiano e si trasformano profondamente dall'interno, e questa sarà la sua prossima missione. "Grazie alla giornalista Lidia Tilotta ho raccontato quello che ho visto nei libri Le stelle di Lampedusa e Lacrime di sale. Ho creduto potesse servire. Poi, con Rosi, abbiamo presentato il film Fuocoammare, premiato a Berlino con l'Orso d'oro e candidato all'Oscar come miglior documentario. Lo hanno definito un pugno allo stomaco ma evidentemente questo pugno non ha colpito abbastanza forte. Per questo, dopo anni che giro l'Europa ogni fine settimana per raccontare quello che si vive sulla nostra isola, ora trovo solo nella politica la possibilità di agire direttamente. A chi mi dice che questo è un mondo marcio rispondo che invece la politica è bella, se fatta da chi è pronto a dare la vita per cambiare le cose. Mia moglie, quando ho deciso, mi ha detto soltanto sulu chista ti mancava". Regala così un sorriso finale, che rilassa la sala, ed è pronto a ripartire per Palermo e raccontare ancora.
23.05.2019
Paola Castiglia