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LA GIORNATA DI MEMORIA DEGLI AEREI AMMARATI

Cefalù, l’atto di guerra diventa un gesto di pace

Era un atto di guerra. Il suo ricordo è diventato un gesto di pace. Cefalù ha voluto dare questo senso al caso dei quattro aerei inglesi ammarati l’11 novembre 1941 in pieno conflitto mondiale. Venivano da nemici. I familiari di quei piloti e di quei mitraglieri sono stati accolti, e con calorosa intensità, da amici. Molti sono venuti dalla Nuova Zelanda, alcuni dalla Gran Bretagna, altri dagli Stati Uniti. Hanno organizzato questo viaggio scoprendo una città, Cefalù, che ricorda quell’episodio bellico per rimarcare, lo ha fatto il sindaco Rosario Lapunzina, che non è una celebrazione “perché la guerra non va celebrata ma, come dice la nostra Costituzione, va soltanto ripudiata”. “Senza la consapevolezza degli errori compiuti – ha ammonito – si è perennemente condannati a ripeterli. È questo che vogliamo evitare che avvenga nel nostro Paese e nella nostra città che, sin dal Medioevo, ha avuto la vocazione di essere luogo di incontro e di pace tra i popoli”. A riunire tante persone, che non avevano mai messo piede in Sicilia e neanche conoscevano i fatti che riguardavano i loro padri e i loro nonni, è stata una foto tirata fuori da un cassetto della famiglia di Giuseppe Martino. Ritraeva uno dei quattro “Swordfish” inglesi che si era rovesciato sulla spiaggia di Cefalù. Quell’aereo faceva parte di una pattuglia di cinque caccia che si erano levati in volo dalla base alleata di Malta per intercettare e colpire navi italiane nel Mediterraneo. Uno degli aerei era subito tornato indietro, gli altri quattro avevano proseguito la missione ma avevano perso la rotta ed erano finiti sulla costa tirrenica della Sicilia. Dopo sette ore di pattugliamento avevano anche esaurito il carburante. Da qui la necessità di ammarare come ultima possibilità di salvezza. E così andarono le cose ma in quella concitata operazione, organizzata al buio e con un forte vento di scirocco, due uomini dell’equipaggio morirono affondando con l’aereo preso di mira dai soldati italiani. Gli altri sette si salvarono: prima di essere tutti catturati, due di loro passarono molte ore all’addiaccio. Tutti furono trattati con grande cortesia e civiltà. Tre anni fa la foto dell’aereo capovolto sulla spiaggia venne pubblicata con altre dalla pagina “Foto storiche di Cefalù” creata su Facebook da Serge Rajmondi. E non passarono inosservate per Luca Lazzara, cefaludese, pilota cefaludese di una grande compagnia aerea. È stato lui, che da 15 anni vive in Gran Bretagna ed è anche cittadino inglese, a mettersi alla ricerca dei parenti di quei piloti. E il suo messaggio, consegnato alla rete come una bottiglia lanciata in mare, alla fine ha raggiunto l’obiettivo. Lazzara è stato cercato da Sally Taylor, uno di quei piloti che proprio quell’11 novembre 1941 compiva 23 anni. Era nato nel 1918, è morto nel 2002. Sally è venuta a Cefalù per testimoniare, come gli altri tre fratelli, la sua emozione. E lo ha fatto nel modo più semplice: con le parole di una poesia ispirata a quell’episodio di 78 anni fa che ha letto nella versione inglese e in quella italiana. Ed è stato un tocco delicato in una giornata promossa dall’amministrazione comunale e dagli “Amici del cinema Di Francesca”. Prima l’incontro nell’aula consiliare del Comune e una mostra, poi una targa sul lungomare all’altezza del punto in cui il quarto aereo era spiaggiato, quindi uno scambio di riflessioni imperniato sulla necessità, ha detto il sindaco, di “riflettere sul grande valore della pace, dell’amicizia, della fratellanza tra i popoli”. Il caso dei quattro aerei è stato ricostruito non solo attraverso il racconto minuzioso e puntiglioso di Luca Lazzara e le intense testimonianze di Sally Taylor e del fratello John ma anche con gli interventi di Giovanni Iuppa presidente del consiglio comunale, di Giovanni Cristina degli “Amici del cinema Di Francesca”, di Giuseppe Martino che ha ripescato le foto del nonno, del professor Gianfranco Purpora che ha compiuto negli anni ricognizioni subacquee sugli aerei affondati e di cui ha recuperato, mostrandolo in sala, un piccolo frammento dello “Swordfish”. Alla fine tutti hanno contribuito a ricostruire un pezzo di storia che non ha solo una dimensione locale. E il messaggio condiviso, tra applausi e commozione, è quello riassunto dal sindaco: “Mai più guerra”.
13.10.2019
Fausto Nicastro