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07.09.2019
Giuseppe Marciante *
Giuseppe Marciante *
Carissimi,
siamo giunti a questa Giornata che, vedendo ogni anno una Diocesi ospitante, in comunione con tutte le altre Chiese d’Italia, vuole farci riflettere sul rapporto tra l’uomo e la creazione e, in particolare, da quasi un quinquennio, sui temi della Laudato si’. È dal 1º settembre 2006 che la Cei attraverso la Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e la Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, ha deciso la celebrazione annuale di una "Giornata per la salvaguardia del Creato". Ogni anno le due Commissioni Episcopali congiunte indicano il tema specifico della Giornata, rivolgono un apposito messaggio e offrono sussidi per l’approfondimento e la celebrazione.
In verità la responsabilità per il Creato è stata una riscoperta comune delle Chiese cristiane: è all’interno del cammino ecumenico che essa si è imposta come esigenza determinante ed è dal mondo ecumenico che nasce nel 1989 la proposta di una Giornata per il Creato. Il 1° settembre 1989 il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Demetrio I, istituì per la Chiesa Ortodossa la "Giornata Mondiale di preghiera per la cura del Creato" e molte altre Chiese cristiane si sono unite da allora. Con la III Assemblea Ecumenica Europea a Sibiu (2007) il Tempo del Creato è stato poi esteso ad un periodo di un mese, concludendosi il 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi. Si tratta di un mese di «preghiera e di azione» per il Creato. Il tema suggerito quest’anno dal Comitato Direttivo Ecumenico è: "La rete della vita", e intende sottolineare la necessità di proteggere la biodiversità. Papa Francesco nel 2015 istituì anche per la Chiesa Cattolica la "Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato" con queste parole: «Condividendo con l’amato fratello il Patriarca Ecumenico Bartolomeo le preoccupazioni per il futuro del Creato, e accogliendo il suggerimento del suo rappresentante, il Metropolita Ioannis di Pergamo, intervenuto alla presentazione dell’Enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune, desidero comunicarvi che ho deciso di istituire anche nella Chiesa Cattolica la "Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato", che, a partire dall’anno corrente, sarà celebrata il 1° settembre, così come già da tempo avviene nella Chiesa Ortodossa».
Per Papa Francesco è importante un’attenzione ecologica ed ecumenica insieme: «La celebrazione della Giornata, nella stessa data, con la Chiesa Ortodossa sarà un’occasione proficua per testimoniare la nostra crescente comunione con i fratelli ortodossi. Viviamo in un tempo in cui tutti i cristiani affrontano identiche ed importanti sfide, alle quali, per risultare più credibili ed efficaci, dobbiamo dare risposte comuni. Per questo, è mio auspicio che tale Giornata possa coinvolgere, in qualche modo, anche altre Chiese e Comunità ecclesiali ed essere celebrata in sintonia con le iniziative che il Consiglio Ecumenico delle Chiese promuove su questo tema». Quest’anno dal 6 al 27 ottobre si svolgerà il Sinodo che il Santo Padre ha voluto dedicare esclusivamente all’Amazzonia, facendo del grido di quella terra che si batte contro lo sfruttamento delle risorse naturali, una prospettiva per tutta l’Umanità, proprio come si legge nel documento preparatorio: «Nella foresta amazzonica, di vitale importanza per il pianeta, si è scatenata una profonda crisi causata da una prolungata ingerenza umana, in cui predomina una «cultura dello scarto» (LS, 16) e una mentalità estrattivista. L’Amazzonia è una regione con una ricca biodiversità; è multi-etnica, pluri-culturale e pluri-religiosa, uno specchio di tutta l’umanità che, a difesa della vita, esige cambiamenti strutturali e personali di tutti gli esseri umani, degli Stati e della Chiesa». I Vescovi italiani hanno scelto di concentrare la riflessione di quest’anno sul tema della biodiversità, motivo per cui ho chiesto, nella fase preparatoria della Giornata, che esso fosse arricchito da un ulteriore approfondimento sugli aspetti che lo legano alle prospettive lavorative, soprattutto per i nostri giovani. La Chiesa s’interroga sulla biodiversità perché crede nella bontà di Dio "Padre creatore del cielo e della terra" e che, come dice il libro della Genesi, ha creato l’uomo per coltivare e custodire la terra come un giardino. La Chiesa da una parte celebra la liturgia della lode al Signore per il dono della vita e rende culto a Dio coltivando e custodendo la creazione e dall’altra assume l’imperativo morale di difenderla da tutto ciò che ne minaccia l’esistenza. Esiste un rapporto di reciprocità tra l’uomo e la natura. Se da una parte l’uomo trae dalla terra il suo sostentamento, dall’altra è chiamato a custodire la ricchezza della vita per consegnarla integra e feconda ad ogni generazione.
Il destino della Terra è legato a quello dell’uomo. L’evento della resurrezione non coinvolge solo la creatura umana, ma l’Apostolo Paolo nella Lettera ai Romani afferma che: «Anche la stessa creazione sarà liberata dalla corruzione, per entrare nella gloria dei figli di Dio». Per sottolineare quanto forte sia questa aspirazione della creazione tutta, l’Apostolo aggiunge: «Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre nelle doglie del parto fino ad oggi». Con San Francesco d’Assisi, lodiamo e ringraziamo Dio per il dono della Terra:

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

Il salmo 104 è un inno alla biodiversità come dono di Dio, al versetto 24 si loda il Signore per tanta ricchezza: «Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con saggezza, la terra è piena delle tue creature».
La biodiversità è la ricchezza della vita. L’enorme varietà di organismi, di piante, di animali formano degli ecosistemi che risultano indispensabili a garantire la sopravvivenza della vita stessa nel nostro pianeta. Nel Parco delle Madonie sono presenti circa 2.600 specie vegetali, oltre la metà delle specie vegetali siciliane, di cui alcune rarissime ed esclusive come l’abies nebrodensis, conifera endemica della Sicilia da circa 9.000 anni, del quale restano appena una trentina di esemplari.
Nella Laudato si’, Papa Francesco dedica dieci numeri al tema della biodiversità, dal 32 al 42. Egli guarda con preoccupazione al futuro della vita nel nostro pianeta perché minacciata dalla estinzione di migliaia di esseri viventi che formano la rete biologica indispensabile alla sopravvivenza della vita: «La perdita di biodiversità è una delle espressioni più gravi della crisi socio-ambientale» dice il Messaggio della CEI per questa 14a Giornata Nazionale. L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha dichiarato il decennio 2010-2020 decade della biodiversità. Per il futuro sarà importante coltivare e rendere fertile la terra senza romperne l’equilibrio degli ecosistemi. Dal momento che la crisi socio-ambientale è strettamente legata al sistema economico, è urgente una conversione strutturale dell’economia da non intendere più come sfruttamento delle risorse naturali e delle risorse umane, ma come sviluppo di una green economy che rispetti la casa comune e di una economia solidale che non produca scarti umani.
Dall’ultimo atlante sulla desertificazione, elaborato dal Joint Research Centre dell’UE, sappiamo che tredici Stati membri, tra cui l’Italia, sono a rischio e che corrispondono all’8% del territorio europeo e cioè a 14 milioni di ettari. A causa dei cambiamenti climatici che stanno comportando prolungati periodi di siccità, e del progressivo consumo del suolo e della mancata valorizzazione dell’attività agricola, un quinto del nostro stivale è a rischio desertificazione. In Italia di anno in anno ci accorgiamo di un aumento progressivo delle temperature, di un aumento delle precipitazioni violente, alternate a periodi di aridità, con grave danno all’agricoltura. Secondo dati forniti dalla Coldiretti nell’ultimo decennio l’agricoltura ha subito danni per più di 14 miliardi di euro. La regione più minacciata dalla desertificazione è la Sicilia. Ritengo che, per custodire la biodiversità nel territorio siciliano e contrastare la desertificazione, ci siano alcune emergenze da fronteggiare: prevenire gli incendi boschivi che hanno anche un’inevitabile ripercussione sulla biodiversità e in particolare sui pascoli bradi degli allevamenti, e partecipare in modo attivo contro il riscaldamento globale della terra. La creazione di invasi che raccolgano l’acqua piovana che va perduta e la distribuiscano quando ce n’è poca. Puntare su sistemi di irrigazione a basso consumo e sul recupero e il riciclaggio delle acque. Bisognerebbe poi sistemare e pulire gli argini dei torrenti e dei pochi fiumi e pensare a progetti di ingegneria naturalistica che contrastino il rischio geologico e valorizzino una gestione ponderata delle risorse d’acqua.
Ultimamente a livello regionale, pare, si è concentrato interesse sulla desertificazione per dotarsi di strumenti di pianificazione, per l’acqua, per l’aria, per i rifiuti, per la bonifica delle aree inquinate. Speriamo non restino solo progetti. Alla desertificazione del territorio si accompagna l’emigrazione specialmente dei giovani dalle aree interne. Per cui è facile prevedere la desertificazione totale delle campagne e dei pascoli. Nello stesso tempo si registra nei giovani una particolare sensibilità sui temi della salvaguardia del Creato. Penso che la salvaguardia dei parchi e dei boschi può diventare occasione di impiego proprio per i giovani.
Finora al Sud, si è portata avanti una politica dell’emergenza e non della prevenzione degli incendi per cui si è creato un lavoro precario impegnando lavoratori forestali stagionali per pochi mesi all’anno e poi affidarli alla cassa dei disoccupati con un onere infruttuoso per le risorse della previdenza e incoraggiando la piaga del lavoro nero.
Nell’emergenza i costi per spegnere gli incendi assumono cifre da capogiro che potrebbero essere impiegate a stabilizzare i lavoratori forestali. Ma la precarietà diventa il guinzaglio dei politici per tenere legati i precari fino ad ogni tornata elettorale. Sono apprezzabili gli sforzi che alcuni amministratori locali, i privati e le cooperative stanno facendo per offrire alla nostra gente prodotti di qualità, grazie anche alla ripresa delle antiche colture, dei viticoli autoctoni, dei grani antichi e di tutti quei prodotti che hanno fatto la storia di questa terra come la manna (prodotto che deriva dell’incisione del frassino), ma anche il frutto della fantasia dell’imprenditorialità giovanile come l’allevamento della lumaca madonita.
Il documento della Cei ci incoraggia a potenziare tutte quelle buone pratiche che promuovono la salvaguardia della biodiversità: «anche per l’Italia la sua valorizzazione contribuisce in molte aree al benessere e alla creazione di opportunità di lavoro, specie nel campo dell’agricoltura, così come nel comparto turistico. Ed ha pure un grande valore il patrimonio forestale, di cui l’uragano Vaia ha mostrato la fragilità di fronte al mutamento climatico». Grazie alla biodiversità in Italia si è sviluppata la dieta mediterranea, un modello nutrizionale riconosciuto dall’UNESCO come bene protetto e inserito nella lista dei patrimoni culturali e immateriali dell’umanità. Con la Fondazione "Laboratorio della Speranza" abbiamo intrapreso nella nostra Diocesi un cammino per offrire piccoli segni di speranza ai giovani. Natura, cultura e innovazione tecnologica devono oggi costituire un volano di crescita per i nostri territori, in modo particolare per quelle aree interne colpite dallo spopolamento.
* Vescovo di Cefalù
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